IL DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE/IPERATTIVITA’
Dall’inglese “attention deficit hyperactivity disorder” è il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, ossia la difficoltà comportamentale e di attenzione.
Essa si evidenzia nell’infanzia e nell’adolescenza e spesso non viene riconosciuta subito dando più una sensazione di “capriccio” invece di un problema di disturbo mentale.
Coloro che ne sono affetti vivono la loro vita in una dimensione assai diversa da chi non è affetto da questa malattia: si trovano in un mondo che pare giri lento, mentre loro vivono ad una velocità incredibile.
Questo fa si che spesso si stanchino di cose ripetute e che ne perdano l’attenzione distraendosi facilmente.
Va diagnosticata da un neuropsichiatra e non ha una cura, ma vi sono farmaci che possono essere prescritti per sedare il comportamento iperattivo.
Non tutti sono d’accordo alla somministrazione farmacologica considerando gli eventuali effetti negativi.
Non volendo dare un mio giudizio sulla scelta o meno della cura, tra l’altro non di mia competenza ma del medico, andrà comunque richiesta l’autorizzazione dei genitori in caso di minorenni.
Altra possibile strada è quella di chiedere l’intervento di un neuropsichiatra che effettuerà delle sedute periodiche.
Spesso i genitori che si trovano a combattere con un figlio che è affetto da questo problema si sentono inermi nello gestire la situazione in quanto al di fuori dal comune: lotte continue per ogni attimo della giornata e per ogni cosa.
Ma al lato pratico cosa si può fare? I genitori come possono chiedere aiuto? Ed a chi?
Queste informazioni, spesso difficili da trovare perchè si parla della malattia ma non così sovente si parla di cosa fare, mandano nello sconforto e, spesso, nell’incapacità di gestire il problema molte famiglie che si trovano nella spiacevole quotidianità intrappolati da una sequenza di eventi, a dir poco, sconvolgenti.
La strada che posso consigliare è:
- parlare con il pediatra od il medico di famiglia del problema
- far fare una richiesta per svolgere presso una struttura pubblica gli accertamenti per avere una diagnosi (esempio all’ospedale)
- rivolgersi agli assistenti sociali spiegando il problema
- chiedere agli assistenti la possibilità di usufruire di un educatore che possa seguire il figlio (se gli assistenti accolgono la richiesta potrebbe essere che mandino un educatore per una certa quantità di ore alla settimana)
- se il problema persiste senza dare grossi risultati e la cosa rimane ingestibile rivolgersi agli stessi assistenti e chiedere di passare ad uno step successivo, ossia una struttura diurna che possa accogliere il figlio dall’uscita della scuola sino a tardo pomeriggio (sono esclusi i giorni di festa ed i giorni in cui la scuola è chiusa)
- se ancora così nulla migliora allora lo step successivo sarà quello di prendere in considerazione il trasferimento in un centro residenziale, ossia un luogo in cui il figlio andrà a vivere tornando a casa il fine settimana ed i giorni di festa (se non ci sono problemi in casa questo può essere fatto con un accordo tra la famiglia e gli assistenti sociali senza un intervento del tribunale)
Si ribadisce che non sempre vi è l’intervento del tribunale, solo in alcuni casi: ma vi sono molteplici fattori e casistiche per le quali molto spesso esso è costretto ad intervenire per difesa del minore.
Ma se il figlio salta la scuola? Se supera i 50 giorni di assenza?
Una possibilità per non trovarsi intrappolati tra l’incudine ed il martello: ossia il figlio che non vuole andare a scuola malgrado i disperati tentativi dei genitori e la scuola che per legge deve fare una segnalazione al tribunale dei minori; beh in questo caso è bene rivolgersi al neuropsichiatra curante che potrà redigere una relazione nella quale scriverà i motivi che spingono il figlio a non andare presso l’istituto scolastico.
In questo modo sarà possibile tamponare il problema, o meglio non aggravarlo, ma a questo punto è bene pensare seriamente ad un provvedimento più sostanzioso, come una struttura residenziale perchè è sempre meglio prevenire che curare.
Questo tipo di disturbo se non gestito nel miglior modo può dare problemi molto seri e, comunque, far si che si possano causare gravi danni a cose e persone in futuro.
Capisco la difficoltà di un genitore a staccarsi da un figlio, ma la scelta più dolorosa spesso si trova ad essere anche la migliore.
Sicuramente non sempre le famiglie possono supportare le spese che ne possono derivare dalle visite psicologiche, si perchè il neuropsichiatra potrebbe essere della ASL, ma potrebbe essere utile anche far fare delle visite settimanali e, come si sa, le strutture pubbliche sono oberate di lavoro relativo a problematiche sui minori, quindi l’unica strada è quella privata.
In questo caso lo Stato aiuta con un assegno di frequenza, detto così proprio perchè viene erogato nel periodo di frequenza scolastica.
Per poter ottenere questo assegno bisogna far effettuare da una commissione medica pubblica una visita che attesti la legge 104, ossia la legge delle invalidità.
Se questa viene riconosciuta vi sono molteplici vantaggi anche sotto il profilo scolastico: infatti può essere assegnato un insegnante di sostegno (che seguirà il figlio per un certo numero di ore, potrebbero essere anche 6 settimanali, dipende dai fondi pubblici quanto è possibile usufruirne), un programma scolastico differente (un pò come si fa con i dislessici): tutto questo potrà essere di aiuto al figlio che a seguire il programma scolastico nel modo consueto non riesce.
Invece per quel che riguarda il profilo economico bisognerà recarsi presso un caf con tutta la documentazione e fare richiesta dell’assegno e poi attendere una risposta, ci vorranno mesi.
La richiesta ha una durata di un anno quindi, quando questo sarà trascorso, verrà inviata una raccomandata con quale si verrà convocati per il rinnovo, o meno, della legge 104.
I genitori non debbono sentirsi “cattivi genitori” o falliti, questa è una malattia congenita come tante altre e quindi non è dovuta ad un’incapacità dei genitori di educare, caso mai vi è un’incapacità a riuscire a gestire una situazione diversa da ciò che viene ritenuto normale.
Come dicevo non vi è cura, ma questo non vuol dire che non vi siano speranze: il soggetto affetto da questo disturbo dovrà imparare a gestire l’ADHD e crescendo con costante guida di famiglia, scuola, assistenti sociali, neuropsichiatra ed educatori il risultato positivo con il tempo vi sarà, ma bisogna avere molta pazienza.
Nel prossimo articolo si affronterà, per completezza, la visione olistica del deficit d’attenzione che puoi leggere cliccando qui.
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